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Plurale femminile

Guardo il soffitto a cassettoni triangolari della nuova stazione.
Ha un non so' che di spaziale sotto il grigio umido della pioggia, soprattutto sotto i passi della gente distratta manco fossero nuvole di passaggio sul fondo del cielo.
Il mio treno ha 55 minuti di ritardo, ho i jeans zuppi e l'ombrello nel cassetto di casa, ma stamattina mi sono svegliata di umore buono e non ho alcuna intenzione di farmelo rovinare da Trenitalia.
O dalla Natura.
E allora non ci faccio molto caso, smezzo il tempo fra l'mp3 e il libricino nuovo di statistica applicata facendomi strada sulle panchine rigate di plastica grigia.
Sono seduta accanto ad un omino panciuto che puntellandosi sul lungo ombrello rosso, pacatamente, mi spiega che i treni fanno ritardo perchè i binari sono troppo bagnati.

Mi limito a nascondere un sorriso obliquo dietro una ciocca di capelli, che la gente tende a trovare risposte in ciò che alla propria portata.
O in ciò che gli raccontano e quindi in ciò che conosce.
Il tempo fa' il suo mestiere e mi incammino sul binario, che quando ti mettono la T vicino al tuo numero è tipo una coccarda di partecipazione alla maratona cittadina.
Che T vuol dire Testa e vuol dire pure che il binario è intasato da altri treni e che il tuo, naturalmente, è l'ultimo in fondo.
Non c'è praticamente nessuno complice l'orario, complice il fatto che la gente tende a cambiare mezzo visti certi ritardi da era glaciale.
Chiudo la zip del giubotto di pelle, rinfodero la borsa e alzo il volume di Pino Daniele che suona e canta E' aspiett ch' chiov.
E' un attimo e sento afferrarmi il braccio, da dietro.
Mi son girata di scatto. Mi son girata male.
Il tizio alza le mani, arretra e dal labiale sembrerebbe chiedere scusa.
Più che sentirmi sollevata mi sento in colpa nell'incrociare quegli occhi stranieri.
Complimenti Meg, una leghista doc, non so vuoi pure menargli magari? Mi sibila il grillo sopra le spalle.
Ne ho visti scansati fin troppi di questi uomini e donne dalla gente perbene, come se manco li vedessero mentre chiedono una qualche informazione ai margini del mondo.
Abbasso la guardia insieme alle cuffiette.
Scusa, dice lui, tenendo sempre le mani in vista.
Più lui le tiene alzate, più io mi sento una teppista.
Uguale uguale a tutti quelli che evitano ogni straniero/a come se fosse un bubbone, uno sbaglio della natura, uno stereo da spegnere.
Gli faccio cenno di abbassarle.
Questo va a Cancello? dice con forte accento straniero.
Sì, non so se anche questo ritarda però, gli rispondo sgranando la voce.
Io sono Mario, incalza, a mano tesa.
Non mi piacciono le conversazioni in viaggio, in treno, in autobus, in aereo.
Mi piace stare da sola, ho i miei spazi, una specie di recinto d'aria e pensieri e generalmente mi piace far capire chiaramente che è mio e di nessunaltro, ma era come se mi sentissi in debito, debito che esigeva il saldo perchè non puoi solo pensarle certe cose,
devi applicarle, se no non sei diversa da quelli che detesti, se no la falce e martello che porti tatuate su un angolo di caviglia non servono.
Meg.
Come la mia ex fidanzata. Anni? fa' lui.
Non è stata quella domanda a rialzare il mio livello di guardia di colpo, nè il tentativo di darmi a bere questa storia della fidanzata, ma una folata improvvisa di vento che m'ha portato un sottofondo di tabacco sovrastato dalla puzza di alcool.
Lui continua a parlare.
Con la coda dell'occhio frugo il binario vuoto alle mie spalle e no, arretrare non è una grande idea.
Mi guardo le mani senza anelli, mi sfioro i lobi senza orecchini e il polso sinistro con un misero swatch, ma è un'altra la cosa che attira la mia attenzione.
Per istinto faccio un paio di passi in avanti per segnare la distanza, non ricordo neanche che cosa gli ho detto per riprendere a camminare, ma dall'altro binario c'è un altro tizio con gli stessi colori, seminascosto dal tabellario che guarda proprio noi due
e si scambia occhiate e piccoli gesti con quello che parla con me.
No bueno, cambia pure la voce del grillo sulle spalle.
Perchè non andiamo a prendere un caffè? Si muove con me mentre parla, troppo vicino.
Ha capito che ho visto l'altro e l'altro ha capito che ho visto lui.
No. La mia voce stavolta è secca e s'affina, più acuta.
Di divise così presto non se ne vedono, troppo impegnate nell'angolo opposto della stazione a prendere il caffè e poi per dirgli che?
Che un tizio mi sfiora? Che puzza di alcool? Che invade il mio spazio?
Che ho una sensazione viscida attaccata sopra la pelle?
In un modo o nell'altro tocca uscirsene da sole.
Sole, plurale femminile.
Ci sono occhi che solo le donne conoscono.
Non è l'occhiata di uno a cui piaci, di uno che vorrebbe sapere che cosa prendi la mattina appena sveglia, thè, caffè, cioccolata, così magari te la offre e riesce a strapparti un numero.
Nè l'occhiata volgare di uno che ti guarda semplicemente il culo, ma non te lo toccherebbe mai.
Non è quel tipo di sguardo.
E' qualcosa che ti trapassa, che ti si incolla addosso e comincia a scavare.
Continua a sfiorarmi mentre racconta aneddoti su lui che salva dai brutti ceffi ragazze nelle stazioni.
Più lui racconta più io mi convinco che vorrei essere altrove e che non c'è niente di credibile in quello che dice.
E la pelle bianca del giubotto pare insozzarsi ad ogni sillaba come fosse fango.
E' come sentirsi senz'aria, in un vaso di vetro opaco.
Sai che c'è un fuori, che c'è un dopo, un coperchio proprio lì, ma non sai dov'è, lì.
Riesco a raggiungere l'altro binario ancora, più popolato, vivo, distratto e mi mischio assieme alla calca.
Lui è sempre lì, come i corvi, come gli avvoltoi sulle spalliere, con la sua scia di parole bagnate di vino e birra, ma è l'altro ad essere sparito.
No bueno, no bueno. Ripete 'sto grillo appuntito dall'altra parte della spalla.
E' il mio treno quello che parte e la carrozza che scelgo è quella più affollata, ma non pare essersi scoraggiato proprio per niente.
Nè lui che mi è davanti.
Nè l'altro che è rispuntato dietro.
Respiro, socchiudo gli occhi.
La prossima fermata è la mia, e non è Cancello, disegno le strade da fare per arrivare al cantiere nel più breve tempo possibile e nel frattempo guardo le facce di chi deve scendere con me.
I due compresi.
Le porte metalliche le apro io e manco le sento le gocce di pioggia che mi invadono i capelli  e affogano pure il grillo.
Un paio di passi appena e di nuovo sento riprendermi il braccio, da dietro.
Stavolta reagisco davvero, ma quello che prendo in pieno non è nè l'uno nè l'altro, ma mio fratello.
Ma che cazzo fai, oh!
Cristo, idiota, ma chiamarmi?
Questo è il ringraziamento per esserti venuto a prendere, ma vaffanculo! Bestemmia, impreca poi mi guarda e tace.
Ma che c'hai? Si volta che io non riesco nascondere manco un mal di testa.
Quei due stanno lì in piedi, vicini, parlottano tra loro.
Guardano me e poi mio fratello.
Cazzo c'avete da guardare? Sbotta mio fratello facendo come per raggiungerli.
Io resto ferma, immobile, impietrita, rigida come un cadavere, pallida come il rosso dei papaveri tranciati in un campo di grano.
E' mio fratello che quasi mi trascina via.
Non è da te, non hai reagito, stai bene, vuoi andare a casa?
No, voglio andare a lavoro.

Quando sono tornata a casa ho sfilato gli stivali.
Ho messo su l'acqua per il thè, l'acqua calda per un bagno.
Non so cosa ho sbagliato.
Forse dovevo reagire subito, forse dovevo farlo a prescindere.
Forse sono stata fortunata.
Più sgrano il rosario dei forse più si accende una venatura di rabbia potente.
Non sono io ad avere torto, non sono io che devo cambiare le mie abitudini, non sono io a dover cambiare il giubotto di pelle col giaccone largo di uno stupido colore.
E' lui che non ha alcun diritto di rovinarmi una bella giornata.
E allora io domani rifaccio la stessa strada.
Rimetto le stesse cose.
E se per caso lo ribecco dovranno chiamare i Carabinieri, ma per riattaccargli le palle.
Palle.
Plurale femminile.

Omaggio alle donne.
Donna, Mia Martini.

Poi, ecco, a proposito di donne, scrivere e dopo leggere robe del genere ( Maalox per i deboli di stomaco per i commenti) a me fa venire la nausea.

17 commenti:

Zdenek | 27 ottobre 2011 alle ore 17:55
  

  Credo tu abbia sbagliato nell'esserti comportata diversamente da quanto avresti fatto con uno del posto in giacca, cravatta e sorriso smagliante.

Riflesso culturale condizionato.
E dovresti rileggere Cantor. 

 
La Scalza | 27 ottobre 2011 alle ore 18:05
  

  Tipo razzismo al contrario?

In realtà credo mi abbiano fregato le mani alzate, in segno di resa.
Volevo morire, mi sono sentita in colpa.

Pre o post depressione?
L'infinito connesso con Dio no eh. 

 
Zdenek | 27 ottobre 2011 alle ore 18:08
  

  Sì, razzismo al contrario.
Un mascalzone resta tale in tutti i colori del mondo.

Mi riferivo alla Teoria degli insiemi ed al relativo teorema. 

 
La Scalza | 27 ottobre 2011 alle ore 18:14
  

  Sinceramente non credo.
E' una ovvietà, non ti pare?

Di cardinalità, sì. 

 
Zdenek | 27 ottobre 2011 alle ore 18:19
  

  Guarda che i mascalzoni sono bravi ad individuare velocemente i punti deboli delle persone.

E tu, evidentemente, almeno uno ce l'hai. 

 
Gianandrea Ghirri | 27 ottobre 2011 alle ore 22:37
  

  Va bene, Scalza, va bene. Te la sei cavata, ed è questo che conta. Spero tu non ti sia spaventata troppo.

A proposito... dove l'hai colpito il fratellone? :) 

 
La Scalza | 27 ottobre 2011 alle ore 22:40
  

  Resistere, resistere, resistere, no?
Indovina. Ti do un indizio: femminile plurale.


Piuttosto tu come te la stai cavando con l'acqua ed il fango? 

 
Gianandrea Ghirri | 27 ottobre 2011 alle ore 23:56
  

  Diavolo d'una Scalza. :)

E' un disastro. Non qui in città, ma appena fuori è l'inferno.
Ho un sacco di miei studenti che non sanno come tornare a casa, parenti e colleghi semplicemente irraggiungibili, senza acqua nè gas e con il necessario che sta consumandosi.

Il posto dove ogni tanto vado a pescare, un paese che si raggiunge solo con un ponte, adesso è un mondo a parte, col ponte che non c'è più. 

 
Flo | 28 ottobre 2011 alle ore 01:52
  

  Credo sia stata una legittima reazione. E poi io so che razzista non sei... visto che uno di quelli lo conosci bene... e sabato verrà con me da te. :) Io sono peggio di te... o forse lui è peggio di noi che ne parla male in primis! Figurati! :)
E' un fatto di Diversità Mentale, di Malattia.
Prossima volta, a prescindere, reagisci come ti ho detto già. Se è persona tranquilla bene, altrimenti. Ti eviti infarti lungo il tragitto.
Poi facciamo pratica :)!
E domani compro i biglietti :) pensa a questo! 

 
Flo | 28 ottobre 2011 alle ore 02:08
  

  PS: Io ti conosco Meg. Avere le palle significa una cosa, essere spiazzati altro. Personalmente ci vuole un pò a carburare in determinate situazioni, e si, ora affermerò il "solito luogo comune" che però esiste: siamo noi donne che per la maggior parte delle volte dobbiamo fare i conti con queste schifezze.
E nei "luoghi comuni" più affollati è il top dell'indifferenza. Personalmente nel corso delle mie corse quotidiane in metro di Roma, ne ho passate di cotte e di crude. Nostrani che stranieri. Ma ci ho messo tutti gli anni del liceo a sviluppare le palle perchè mi ero rotta le scatole di questa situazione di inferiorità nella quale mi ponevano per i loro "appoggi". Ora scatto a prescindere. E se qualcuno mi chiede una informazione non rispondo, faccio finta di niente. Si passa da un estremo all'altro è vero. Ma ti ci portano. Tu in questo Meg sei ancora troppo buona. Impari in fretta. La prossima volta non abbasserai le cuffiette. E quella mano che ti toccherà sarà distrutta ancor prima di essere alzata in segno di resa. Punto. 

 
La Scalza | 28 ottobre 2011 alle ore 02:16
  

  Non avevo dubbi che avresti capito.
Non prendertela, non è cattivo come sembra ;)

Comunque guardiamo il lato positivo, non dovrebbe piovere, magari riusciamo a starcene senza stivali di gomma. 

 
Flo | 28 ottobre 2011 alle ore 02:25
  

  Non metto in dubbio che non sia cattivo :), ma come ben sai, su alcune questioni mi parte "l'embolo" . :D

Ci vediamo in stazione, per favore, mentre ci aspetti, non maltrattare nessuno. Almeno dammi il tempo di scendere e poi iniziamo! :D
Altro che il sabato nero di Roma... tzè! 

 
La Scalza | 28 ottobre 2011 alle ore 02:33
  

  Sai no che se l'avessi inteso in senso stretto gli avrei risposto male, no? ;)

Sì, vi vengo a prendere, ma voi seguite la scia di cadaveri e mi trovate.

Scherzi a parte non ti assicuro niente.
Sono in pieno rodimento.
Una volta forse, due no. 

 
Flo | 28 ottobre 2011 alle ore 02:38
  

  Io oramai sui mezzi vado in modalità "Rodimento On" perenne e con 100 occhi. Mp3. Occhiali. E sto.


:) Seguirò la scia dei riccioli che svolazzano altro che cadaveri! :P

--> M per Megghetta! <-- 

 
Flo | 28 ottobre 2011 alle ore 02:42
  

  @LAV: ho mia zia su. Lei è a Deiva, vicino sempre all'epicentro del disastro, e mi ha detto che un ristorante dove andava lei, l'ha visto venir via come fosse ostia, nel fiume in piena che ha colpito la strada principale. Brutta faccenda. Il ponte a cui tu fai riferimento era per caso quello di Mulazzo? Mia zia ha amici li e dice che sono isolati dal mondo! 

 
Gianandrea Ghirri | 28 ottobre 2011 alle ore 22:40
  

  @Flo: no, il ponte di cui parlavo è quello di Stadano. Noto al mondo per essere stato (Stadano, non il ponte) 'patria che ha dato i natali alla dinastia dei Bonaparte'. O almeno questo è quanto ha fatto scrivere su un cartello il per niente compianto sindaco crassiano di Aulla, quello che ha fatto mettere la statua di Craxi zoppicante col bastone, davanti al municipio di Aulla. Quello che ha disseminato la strada di cartelli 'vietato l'esercizio della prostituzione'. Sempre quello che ha trasformato la zona del castello in un 'cimitero dei piccoli animali domestici'.

Scusate, ma sono reduce da una serata all'Inferno (con tanto di mangiata e bevuta in allegria). :D

Andateci, all'Inferno... E se ci andate io sarò il vostro Virgilio.
http://www.ristoranti360.it/Liguria/Ristorante_All_inferno_a_la_spezia.html 

 
La Scalza | 30 ottobre 2011 alle ore 09:27
  

  Meg&Flo dixerunt: Noi siamo reduci dal freddo di una serata in fondo al Castel dell'Ovo, con le strade invase di scarpe, borse e gingilli vari.
Manco Tomba ha fatto tanti slalom in carriera.
Meg è senza voce e Flò parla tossendo.
E il treno c'ha lasciato a terra.
Santi siano i tassì.
E le pizze. 

 

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