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La fantasia è un posto dove ci piove dentro.
E a me ci piove verde.
Verde prato, verde mela, verde (a)mare.
Verde leggerezza.

Buffa la leggerezza vista da un ingegnere.
Ma il mio lavoro è rendere leggere le cose pesanti, farle restare in piedi nonostante il tempo,
nonostante la stanchezza compatta dei mattoni, l'astuzia aguzza dell'acciaio e le colate misture di calcestruzzo.

Diceva Calvino che ad un certo punto tutto il mondo gli sembrava di pietra.
Un pò come un largo deserto pesante, un pò come la paura.
E' il linguaggio della paura quello che non riesco a sopportare, si incolla addosso, si appiccica, stinge e incatrama tutto ciò che tocca.
E rincrudisco quando ad usare quel registro è un politico, uno che dovrebbe raggrumarti intorno soluzioni, aprirti ventagli di strade, scoperchiarti mondi forestieri.
Baratro, salvàti, rimettiamo il debito, esodati.
Sembrano metafore bibliche, ma per le storie caliginose ci sono già i preti.
E dal Medioevo l'umanità traboccò mettendo al centro l'uomo e non lo spread.
Da quel punto in poi Giotto non disegnò più i fondi dorati e divini,ma quelli naturali e umani, gli archi romani si trasformarono in guglie che scalavano testarde il cielo, Dante diede alla sua donna - tanto gentile e tanto onesta - le chiavi del Paradiso e finalmente la piantammo di incastellarci dentro vecchie mura coi servi della gleba.
(Ri)Scoprimmo che l'uomo era misura di tutte le cose.
Ricordammo.
Ricordammo che si poteva vivere diversamente, ci demmo fiducia, ce la passammo come una canna, ci inventammo le università.
Ci risollevammo.
Come funghi timidi dopo la pioggia, come muschio che si incammina sulle cortecce.
Qui invece si confonde la speranza con l'illusione.
Vi tolgo l'Imu!
Guariremo il cancro! Un milione di posti di lavoro.

Questa non è speranza.
E' disperazione.
E' viltà.
E' il rifugio facile dei bari e degli ignavi.
Questo è un fiume prosciugato che va scoprendo un tappeto di pietra nuda.
E quando ti incammini per questa strada ti scheggi i palmi, ti ferisci, non ti salvi di certo.

Penso che lo stato debba essere come il filare a cui si appoggiano le viti fragili.
Quelle delicate come le mani di chi lavora.
Quelle che danno buon vino se sono buoni i tralci e cattivo se sono marci.
Dovrebbe metterti in condizione di fare, non fare per te.
Non dovrebbe sradicarti i fili di ferro zincato della spalliera, quelli che ti tengono le foglie lontano dalla terra.
Che basterebbe un banale criterio di responsabilità: se amministri bene ti premio, se amministri male non solo risarcisci, ma sparisci.
Potessi raccontarti l'amarezza di dover vedere non la democrazia del mercato, ma il mercato della democrazia.
E mi disarma l'ingenuità di voler cercare insieme una soluzione.
Insieme a chi? A chi ha creato il danno. A chi il giorno e prima e quello dopo penserà a sè perchè è l'unico modo in cui intende il mondo.

Forse è vero che la storia si ripete oppure è vero che si ripete quando la dimentichi in un cassetto.
E allora mi ispessisco quando la retorica - l'arte del saper dire -  è usata a metafora del dir vuoto.
Che sapessi quanto pesa dentro, il vuoto.

E invece sono in cucina, coi gomiti nudi sul nero d'africa a picchiettare le dita attorno ad una tazza di tè.
Verde.
Caldo e leggero.
Per ricordarmi che devo ricordare.
Che magari la Svezia può ancora aspettare.



Oggi niente canzoni, a Natale ce ne sono troppe,
meglio un libro, piccolo, agile.
 E leggero.
Lezioni americane, Calvino.

3 commenti:

Zdenek | 27 dicembre 2012 alle ore 08:55
  

  Arriveremo a Roma *cit*. 

 
Gianandrea Ghirri | 27 dicembre 2012 alle ore 12:03
  

  Ma non c'è scritto da nessuna parte che sia vietato all'uomo il dono della solidarietà. Come quando metti dentro una scatola di fiammiferi di legno un fiammifero non spento bene, che quelli vicini si accendono uno dopo l'altro fino a fare una fiamma persistente. Mi è successo proprio ieri, in auto, e lo trovo un segno rivelatore. ;)

Bellissime le Lezioni americane! 

 
La Scalza | 28 dicembre 2012 alle ore 21:22
  

  @Zdè: Come. Conta il come.

@Gigio: Sarà che sono solo di pessimo umore ultimamente.
Vedi Monti e poi muori.
 

 

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