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Il vecchio e il mare

La pioggia olia i gomiti delle strade.
Sembra che il buio liquido si raggrumi proprio qui, sotto questo cocciuto lampione spento, rivettatura tra un fascio di luce e l'altro.
Come a dire che c'è tanto per chi vuole vedere e che puoi sempre riconoscere una cosa dalla sua assenza.
E difatti cominciano gli europei in Polonia e i giornalisti s'attruppano per parlarci di puttane e bevitori del posto,
come se la Polonia non fosse anche Solidarnòsc,  scoperchiato per fame nei cantieri di Danzica.
Perchè c'è un altro mare, a Nord, lontano dalle spiagge dove rostiscono e si rinzuppano turisti.
E' un mare salato e rasposo, merlato d'alberi di nave, sfossato dalle gru dei cantieri.
D'altronde se un paese non conosce la sua di storia come si può pretendere che s'attardi su quella degli altri.
Allora c'era il partito unico comunista, il blocco rosso che un giorno si scoprì snervato da un sindacato che sindacato non era ancora
e osteggiato dagli intellettuali per poi essere abbattuto dagli stessi uomini che avevano sfruttato.
Perchè le rivoluzioni, quelle che scuotono il tappeto del mondo, cominciano quando gli uomini liberano loro stessi.
Quando prendono le proprie anime e invece di continuare a strizzarle le stendono al sole come fossero lenze di mare.
E' per questo che 'mani pulite' non m'è mai piaciuto.
Le mani dovrebbero sempre sporcarsi di olio di motore, di terra, di inchiostro.
Di fatica.
Dovrebbero bruciare mentre tieni la lenza che corre e rivoltola per prendere il marlin.
Gli uomini non puoi vincerli, puoi solo distruggerli, scriveva Hemingway.
In questo vecchio stivale non sono gli uomini che mi preoccupano, ma gli schiavi.
                                                                                                                                                      Ludovico Einaudi, le Onde.

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