8

Segno diacritico di tilde


Ma che cazzo c'avete da guardare?
No è che volevamo solo sapere se eravate parente..
Sono l'amante, problemi?
..oh, no, è per capire chi siete, a chi siete figlia..?
A mia madre.

E' un filo annerito, questo funerale, dipanato dalla matassa argentata di un carro che arranca sotto aghi di pioggia.
Li detesto.
E non è per la morte, per il nero che trabocca, per quest'acqua che sgretola le strade.
Come se vestirsi di nero contasse.
Come se invece di vestirti di nero scegliessi il giallo l'intera entropia del mondo cambierebbe.

Si, ma ora non ti mettere a fare il caffè.
Perchè?
Perchè pare brutto, col morto in casa..
Dici che ne vuole un pò?

E' l'estetica del dolore che mi urta, sono le tradizioni inutili, sono gli sconosciuti molesti, i cronisti neri.
E' tutta la gente che è lì per dovere che mi rende ostiche tutte le commemorazioni.
Non vi voglio.
Mi fate venire la nausea, voi e i vostri ricordi così datati che devi disseppellirli dal tempo perchè abbiano un senso.

Ah, ma sei tu! Ma l'ultima volta che t'ho visto eri una bambina!
Eh già. Succede quando non vedi una bambina per dodici anni. Cresce e crescono pure le tette.

Mio padre mi guarda da lontano, spicca, quell'uomo bruno, con la compostezza rocciosa delle Dolomiti, in questo canneto di spalle ricurve, nel sottobosco dei sospiri taglienti.
Scuote la testa, sospira, più per il capannello di ingenui parenti che ho intorno, che per me.
Li vede arrivare e sparire. Lampi in una mattina opaca.

Che peccato, non mi aspettavo che si fosse ridotto così, fa impressione.
Se magari foste venuti prima, lo choc non vi veniva.

La sensazione che ho è quella di quando ti scippano, ti derubano.
Questa gente campa appropriandosi del dolore degli altri, della rabbia degli altri.
Si nutre delle occasioni, non importa se sono funeste o accoglienti, loro sono lì a diffondere la notizia, a portare zucchero e caffè.
Lì per luce riflessa, per la casualità del raggio di sole che buca le nuvole e prende te, sopra le spalle.
Dove eravate voi, amanti della conversazione improbabile, quando si spolpava, quando ingialliva, bagnava le lenzuola, si ricopriva di piscio e merda e si nascondeva dentro una coperta per la vergogna
dove eravate voi, tutti quelli appollaiati sulla prima fila di questa chiesa che puzza d'incenso e mai di perdono,
tutti che rispondete pimpanti e con le facce addolorate al cospetto di questo prete che non ha alcuna voglia di celebrare messa,
che se la sbriga in un venti minuti insieme al suo chirichetto  - in jeans e camicia a scacchi blu e bianca - ancora più scocciato del prelato.
Brusio, folla come formiche rosse, come i serpenti schiusi in un cestino di vimini.
Tutti che s'affannano, che s'affrettano a salutare i parenti, a scovarli tra la folla, tra quelli che piangono di più.
Dove erano tutte queste pernacchie afone, donnine pittate, sceneggiatrici di teatri quotidiani.
Vi disprezzo.
Ho la stanchezza che mi sfonda le ossa, mi scava nicchie di nero su quest'anima incrostata di rabbia.
Perchè uno può pure morire, ma morire in queste condizioni è una fine che non riesco ad accettare.
E questa gente mi amplifica la rabbia, è come una caverna, una gola profonda che ti fa eco e tutto quello
che già faticando tiri fuori ti ritorna indietro.
Io ci vedo l'Italia in questo funerale.
Ci vedo uno spaccato di cos'è l'Italliano medio, di come ragiona, di come si snoda nelle vite degli altri.
Questo paese è un vaso ricolmo di gente senza spina dorsale, senza sensibilità, senza raziocinio.
Molte delle azioni che ogni giorno li porta a muoversi, girare, salire e scendere sono automatiche, sono inerzia.
Manifestazione indignata, ok, si, bello.
Ma io resto convinta che il mondo non si cambia in grande, è un lavoro di scalpello quotidiano, passa per gli scontrini, passa per i biglietti, le multe, le cabine elettorali, i movimenti studenteschi, passa per i no che costano fatica.
E sudore.
Non come quelli che per rompere le vetrine debbono mettersi un sacco sulla testa.
Lèvatelo questo casco.
Fammi vedere come lo fai senza una plastica nera che ti fa essere chiunque, tranne te.
Fammi vedere se riesci a parlare senza doverti nascondere dietro un palo di ferro.
E' stato un caso, questo caso, che non fossi a Roma.
E mi sento come mi sono sentita ieri.
La gente non cambia nelle situazioni difficili, la vedi solo meglio.
Da vicino, in tutta la sua miseria.
E non importa se l'occasione è un funerale o una manifestazione.
In sincerità vorrei una manifestazione contro Romano.
Una sommossa popolare contro le ministre stupide e anche un pò zoccole.
Un miasma che faccia saltare il coperchio per davvero senza indignarsi a caso.
Mi piace la rabbia perchè a differenza della rassegnazione è un moto che ti spinge in avanti, risalire, muoverti, ma andare a caso è un'altra cosa.
Ci sarà qualche infiltrato? I commenti dei giornali di 'destra' fanno schifo?
Sì, ma questo non cambia proprio niente.
NIENTE.
I mercenari ci saranno sempre, si può limitarli, magari, ma quello che si deve fare è surclassarli.
Sempre.

P.S. Ai signori giornalisti, ai signori analisti intellettuali che oggi hanno fatto la radiocronaca,
ai direttorissimi di giornali nazionali si dice indig- nados, non indignados.
Il gruppo gn in spagnolo non esiste, esiste la ñ.
Segno diacritico di tilde.
Siete come La Russa che parla inglese.

E' proprio questa la radice dei problemi italiani.
E' il tappo che non permette l'esplosione.
Questa approssimazione da parte dagli pseudo intellettuali alla D'Alema, dai trombettieri alla Pigi Battista, alla Ostellino.
Ci sono gli idioti e quelli che non sanno di esserlo.
E poi ci sono quelli che non sapendo di esserlo vogliono insegnare agli idioti, ma questa è un'altra storia.
Deep Purple, Black Night



8 commenti:

Zdenek | 17 ottobre 2011 alle ore 11:09
  

  Avevo immaginato che fosse successo.
Non avevo ancora letto qui mentre ti rispondevo di là.
Mi riprendo qualche "LOL" e ti lascio aperto il mio indirizzo e-mail. 

 
il Russo | 17 ottobre 2011 alle ore 11:13
  

  "Ma io resto convinta che il mondo non si cambia in grande, è un lavoro di scalpello quotidiano, passa per gli scontrini, passa per i biglietti, le multe, le cabine elettorali, i movimenti studenteschi, passa per i no che costano fatica."

Non sai quanto ho apprezzato questo passaggio... 

 
La Scalza | 17 ottobre 2011 alle ore 11:24
  

  Lascia i LOL dove sono, mi piacciono.
Ci sono molti modi per vivere il dolore, il mio non è certamente subirlo.
E non penso che sorridere possa essere irrispettoso.
Non comportarti come quelli che detesto, lascia le apparenze agli altri =)

Sì Russo, ho letto i tuoi interventi, mi trovi completamente d'accordo con la tua visione delle cose. 

 
Zdenek | 17 ottobre 2011 alle ore 13:43
  

  Non intendevo salvare le apparenze.
Di fronte a certe cose tendo, semplicemente, ad ammutolire.
Ma credo di saper ascoltare. 

 
Gianandrea Ghirri | 17 ottobre 2011 alle ore 16:46
  

  Un abbraccio, Scalza resistente. 

 
La Scalza | 17 ottobre 2011 alle ore 17:38
  

  E' già tanto.


Bellissimo aggettivo.
Ricambiato, Gì. 

 
Anonimo | 18 ottobre 2011 alle ore 12:02
  

  solidarietà da un'altra recente scampata/sbertucciata alle/dalle liturgie un po' assurde con cui gestiamo la morte.

estetica (ed estetisti) del dolore, momenti di autentico grottesco involontario, burocratismi strabilianti...che dire.

E ringraziamenti, perchè questa che hai scritto è una cosa che mi ha fatto bene leggere. 

 
La Scalza | 18 ottobre 2011 alle ore 20:59
  

  Avevo immaginato, ma mi venivano da scriverti solo banalità.
E anche con una certa dose di retorica.
Ho preferito scrivere da capo, per tutt'e due.

Abbraccio, ecco. 

 

Posta un commento