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Il pendolare di Foucault

Panchina crepata di pietra pesante al di qua della riva asfaltata di giallo della metro.
Si vedono le radici imbronciate di ferro che la dovrebbero tenere rinfoderata al piano del mondo.
Tabellario degli orari così lercio da sembrare fatto di nebbia e catrame.
Pilastroni verdi, che ingabbiano lucine smorte, smangiati dal nero del tempo che scorre e travature della capriata stinte dalla merda di piccione.
E' la metro che serve la facoltà sporcata di blu e di qualcosa a metà tra il cubismo e il caso.
Come a dire che il destino non esiste, che anche la cosa più caotica e frammentata, ha un suo senso interno e che ciò che chiami 'caso' è solo ciò che non riesci a capire.
O sentire.
Che l'asino di Buridano non morirà mai di fame. E mica per caso.

In equilibrio indifferente, così seduta, ci potrei stare solo io, generoso frutto di anni di ritmica, assorbita da qualunque oggetto su cui poggio, col baricentro che diventa pure il mio.
Respiro una poesia di Brecht, quando la metro si incaglia sui binari arrossati dalla ruggine, davanti alla punta delle mie scarpe.
Abbasso un poco il libraccio e mi ritrovo davanti un omino che borbotta, in divisa, imprecando contro qualcuno dall'altra parte del cellulare ingombrante.
Un ragazzetto coi pantaloni e gli occhi di ghiaccio, lo guarda, disorientato.
D'improvviso una fiumana di persone scende dal serpentone metallico spingendo scomposta, qualcuno urla con un accento pesante che su quel binario si sbaglia, che su quel binario non si arriva dove si vuole, ma si torna indietro.
E' così tutti, senza esclusione di camicia, giacca, maglietta, canotta, zoccoli e tod's cambiano binario.
Li guardo e di rimando cerco l'uomo in divisa ancora affaccendato col suo cellulare e con il tizio all'altro capo.
Io resto dove sono.
Il ragazzo guarda me e poi cerca la fiumana che cola sulle scale coi manici verdi.
Fa una paio di passi in avanti e torna indietro.
Gli occhi gli s'aggrappano alla divisa dell'uomo e alle parole veloci che gli si srotolano sulla voce.
Io richiudo il mio libro e prendo posto sulla metro splendidamente vuota.
L'omino smette di parlare al cellulare, butta la cicca sulla linea gialla, rigonfia impettito il berretto e risale sulla motrice.
Il ragazzetto cogli occhi di ghiaccio sale di fretta, un pò più allegro, rinfrancato, e un pò meno sperduto.
Si avvicina con una timidezza tenera ed ingenua e mi chiede perchè non sono andata con la fiumana.
Perchè se ogni binario un giorno si svegliasse e facesse la rotta al contrario salterebbero tutti i nodi, tutti i semafori e tutte le tratte.
Perchè è come il pendolo di Foucault, non si ferma mica nel punto di equilibrio, non inverte mica a metà. E magari le lancette dell'orologio possono pure continuare a spostarsi, ma la distanza che copre è sempre la stessa.
Perchè l'uomo che sussurrava ai binari non esiste.
Perchè sopra ogni binario ci sono i display luminosi e se c'è un'indicazione chiara c'è anche un motivo.

Nel mondo l'uomo è vivo solo a un patto:
se può scordar che a guisa d'uomo è fatto.
Signori, fate a meno d'imposture:
l'uomo vive d'infamie e di brutture! (L' opera da tre soldi)

Chissà la fiumana dove è andata a finire.
E non posso fare a meno di pensare che se tutti non la piantano di seguire le parole di un uomo che parla troppo contro la logica, la razionalità, il buonsenso che andrebbero semplicemente cercati, non usciremo mai da nessuna crisi sia economica, morale, etica.

[* Lo so che sono successe tante cose. 'Forza gnocca', Montezemolo che presenta quasi ufficialmente sè stesso come la stella cometa, Jobs è morto, Barletta si sbriciola, Tremonti balla, Berlusconi perde le staffe, ddl intercettazioni.
Ma io, oggi, ho sotto la pelle la voglia di raccontare com'è il mondo senza la tv, senza la retorica, senza la testimonianza di Porta a Porta, senza i processi della D'Urso,
senza la pazzia - che la follia è un'altra cosa - di gente che non sà come gira - davvero - il mondo.*]

Norah Jones, Sunrise.

4 commenti:

Zdenek | 7 ottobre 2011 alle ore 16:47
  

  Capitò la stessa cosa anche a me, a Gianturco. 

 
La Scalza | 7 ottobre 2011 alle ore 17:31
  

  A Gianturco è quasi la norma, dicono. 

 
Gianandrea Ghirri | 7 ottobre 2011 alle ore 22:14
  

  Scalza, continua a raccontare i tuoi frammenti di mondo. E lascia pure spenta la Tv.
Mi piace :) 

 
La Scalza | 8 ottobre 2011 alle ore 17:42
  

  Denghiù =) 

 

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