Un buon sonno
Sotto le mura rosse di Parigi c'era un cavaliere che non dormiva mai.
Un pò come il danaro.
E lui non dormiva non perchè portasse il peso d'essere il migliore tra le truppe di Carlo Magno
con la sua armatura specchiata e oliata nelle giunture, il pennacchio
sempre teso al vento, la voce sempre armata, la lancia sempre acuta, canna pulita, guizzo sopra l'elsa.
Non perchè dovesse fare da esempio.
Ma perchè non ci sarebbe stato mai nessun risveglio.
Lui, era Agilulfo, cavaliere inesistente.
Colui che non c'è, ma sa d'esserci.
Noi non siamo a Parigi.
Le nostre mura non sono rosse, in cima hanno cocci aguzzi di indici.
Siamo accerchiati da coorti di titoli che salgono e scendono dalle colline della borsa,
come armate di turchi.
E noi più che difenderci ponderando le giuste manovre siamo in pieno bivacco.
Rancio solo per alcuni.
Per quelli dalle cotte con le maniche larghe per infilarci dentro più pane possibile, perchè
l'odore della battaglia lo si sente arrivare da lontano e si fa strada sempre nel solito modo,
aizzando polvere e sferzando rancore.
Il nostro Cavaliere è vecchio e rintronato come lo era Carlo Magno nell'ultima crociata,
re di sè stesso, capo di un esercito di gambine gracili e affamate, di armature sudate come pentole a pressione,
di imbrattacarte avari e indisponenti, cantastorie di storie inesistenti.
A noi invece che Carlo Magno, è toccato Silvio Migno.
Che più che le crociate si trastulla con le crocerossine.
Ci è' toccato il cavaliere esistente.
Così esistente che lo è il doppio, ci fa da cavaliere e da Re, insieme.
Solo che il troppo è sempre il fastidio dell'abbastanza.
Fecero bene, i paesani del borgo, un bel giorno di sole.
Decisero di liberarsi non dei turchi, ma dei cavalieri più puri.
E nessuno salvò loro la vita.
Se la salvarono da soli.
E il cavaliere?
Lo fecero semplicemente dormire.
Un pò come il danaro.
E lui non dormiva non perchè portasse il peso d'essere il migliore tra le truppe di Carlo Magno
con la sua armatura specchiata e oliata nelle giunture, il pennacchio
sempre teso al vento, la voce sempre armata, la lancia sempre acuta, canna pulita, guizzo sopra l'elsa.
Non perchè dovesse fare da esempio.
Ma perchè non ci sarebbe stato mai nessun risveglio.
Lui, era Agilulfo, cavaliere inesistente.
Colui che non c'è, ma sa d'esserci.
Noi non siamo a Parigi.
Le nostre mura non sono rosse, in cima hanno cocci aguzzi di indici.
Siamo accerchiati da coorti di titoli che salgono e scendono dalle colline della borsa,
come armate di turchi.
E noi più che difenderci ponderando le giuste manovre siamo in pieno bivacco.
Rancio solo per alcuni.
Per quelli dalle cotte con le maniche larghe per infilarci dentro più pane possibile, perchè
l'odore della battaglia lo si sente arrivare da lontano e si fa strada sempre nel solito modo,
aizzando polvere e sferzando rancore.
Il nostro Cavaliere è vecchio e rintronato come lo era Carlo Magno nell'ultima crociata,
re di sè stesso, capo di un esercito di gambine gracili e affamate, di armature sudate come pentole a pressione,
di imbrattacarte avari e indisponenti, cantastorie di storie inesistenti.
A noi invece che Carlo Magno, è toccato Silvio Migno.
Che più che le crociate si trastulla con le crocerossine.
Ci è' toccato il cavaliere esistente.
Così esistente che lo è il doppio, ci fa da cavaliere e da Re, insieme.
Solo che il troppo è sempre il fastidio dell'abbastanza.
Fecero bene, i paesani del borgo, un bel giorno di sole.
Decisero di liberarsi non dei turchi, ma dei cavalieri più puri.
E nessuno salvò loro la vita.
Se la salvarono da soli.
E il cavaliere?
Lo fecero semplicemente dormire.
De Gregori, Ti leggo nel pensiero.
7 commenti:
E non possiamo neppure sperare che a "papino il breve" succeda qualcuno migliore. Mi auguro che faccia la fine di Ariperto II.
Basterebbe un torrente neanche troppo profondo, in effetti.
Silvio minchio, soprattutto di testa, a esser più volgarotti...
Suggerirei anche Plinio il Vecchio. Anche se per un motivo ben differente, lui è rimasto impavido a vedere come andava a finire. E c'è rimasto. Visto che iddu vuole rimanere, almeno che ci rimetta l'essere.
Non dimentichiamoci che alla corte de "il Lungo, il Corto e il Pacioccone" c'è Ser Brunetta il Breve.
Povero piccolo presidente del consiglio. Dopo tutte queste avventure pare sia sia accorto che è tutta una questione di soldi, e la cosa lo deprime sino a dimenticare i debiti con noialtri:
Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il Re si dileguò
[mastro Fabrizio]
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