La fantasia è un posto dove ci piove dentro.
E a me ci piove verde.
Verde prato, verde mela, verde (a)mare.
Verde leggerezza.
Buffa la leggerezza vista da un ingegnere.
Ma il mio lavoro è rendere leggere le cose pesanti,
farle restare in piedi nonostante il tempo,
nonostante la stanchezza compatta dei mattoni,
l'astuzia aguzza dell'acciaio e le colate misture di calcestruzzo.
Diceva Calvino che ad un certo punto tutto il mondo
gli sembrava di pietra.
Un pò come un largo deserto pesante, un pò come la paura.
E' il linguaggio della paura quello che non riesco a sopportare,
si incolla addosso, si appiccica, stinge e incatrama tutto ciò che tocca.
E rincrudisco quando ad usare quel registro è un politico,
uno che dovrebbe raggrumarti intorno soluzioni, aprirti ventagli di strade, scoperchiarti mondi forestieri.
Baratro, salvàti, rimettiamo il debito, esodati.
Sembrano metafore bibliche, ma per le storie caliginose ci sono già i preti.
E dal Medioevo l'umanità traboccò mettendo al centro l'uomo e non lo spread.
Da quel punto in poi Giotto non disegnò più i fondi dorati e divini,ma quelli naturali e umani, gli archi romani si trasformarono in guglie che scalavano testarde il cielo, Dante diede alla sua
donna - tanto gentile e tanto onesta - le chiavi del Paradiso e finalmente la piantammo di incastellarci dentro vecchie mura coi servi della gleba.
(Ri)Scoprimmo che l'uomo era misura di tutte le cose.
Ricordammo.
Ricordammo che si poteva vivere diversamente, ci demmo fiducia, ce la passammo come una canna, ci inventammo le università.
Ci risollevammo.
Come funghi timidi dopo la pioggia, come muschio che si incammina sulle cortecce.
Qui invece si confonde la speranza con l'illusione.